Elephant

Gus Van Sant, Usa, 2003, 81 min.

Trama: La giornata scolastica in una scuola di provincia procede nella tranquillità più assoluta: c’è chi mangia a mensa, chi si dedica alle attività extrascolastiche come la fotografia, chi fa attività fisica, chi cazzeggia, chi ha lezione, chi gira per i corridoi, chi parla coi compagni subito fuori dall’istituto. A un certo punto, due studenti scendono da un auto,  hanno ciascuno dei borsoni, vestono militare. “Ehi ragazzi? Che cosa fate?” – “Resta fuori, succederà un casino”. Comincia il massacro.

Il Film: Palma d’oro e premio per la miglior regia a Cannes. Storia vera della strage nella scuola di Columbine. Se spesso i riconoscimenti nelle manifestazioni cinematografiche sono una farsa, e film che meriterebbero più onori vengono messi in un angolo, in questo caso sono contento di ricredermi. Elephant è un bel film, diretto da un ottimo regista, Gus Van Sant che ha raccontato il mondo dei ragazzi da tante angolature diverse;  alcuni film sono riusciti – vedi Will Hunting, il migliore di tutti, o anche Paranoid Park,  altri un po’ meno, tipo il remake di Psycho o Scoprendo Forrester, che sanno un po’ di già visto. E’ chiaro che questo qui rientra nel primo gruppo. Molto di buon gusto la scelta di seguire un ragazzo in presa diretta, il quale poi, girovagando per la scuola, ci fa conoscere tutti gli altri, che sono un po’ degli stereotipi come se ne vedono tanti nelle scuole americane. L’artista, l’emarginato, le fiche secche, lo sportivo, la secchiona..ognuno colto in un momento della giornata, vuoi a sviluppare dei negativi, vuoi a far finta di mangiare a mensa per poi andare a vomitare nel bagno, vuoi schernita dalle compagne nello spogliatoio femminile per via dell’aspetto fisico; ed è su queste scene che il regista si sofferma per quasi tutto il film (l’arrivo dei due carnefici si manifesta nel finale) proprio perché è nell’indifferenza collettiva, nell’assenza di rapporti sinceri, nella solitudine, che si trova la sorgente dalla quale sgorgherà poi il fiume di violenza dei due ragazzi. L’elefante nella stanza non è altro che questo, il problema che tutti conoscono, ma che nessuno vuole/può affrontare, l’abbandono dei ragazzi a se stessi e la difficoltà di mostrarsi per quello che si è, senza maschere. E poi non è una mattonata di millemila minuti, si può vedere senza invecchiare, ottanta minuti godibilissimi.

Voto: 7,5.  Gli avrei dato anche qualcosa in più, se non fosse per un’inezia, un neo piccolo piccolo che però non posso evitare di sottolineare. Come tutti, anche Gus (Goooooose!!! Noooo!!) è caduto (anche se è solo un mezzo passo falso, probabilmente ispirato dalla storia vera) nella banalità dettata dal luogo comune della pericolosità dei videogiochi, e di quanto possano influire sulla psicologia di un ragazzo. C’è una scena nel film dove uno dei ragazzi ammazza un po’ di gente al pc (tra l’altro un giochino abbastanza scadente), e poi scena successiva nella scuola identica a quella virtuale. Ora, non metto in dubbio l’influenza che i giochini possano avere su una mente già disturbata, però ecco, se davvero fosse così facile farsi influenzare, oggi sarebbe pieno di bimbiminkia vestiti da assassins creed, o da soldati alla Call of Duty che vanno in giro a fraggare (me compreso). E non mi pare sia così, vero? O no?

Vitellozzo.

13 commenti

Archiviato in drammatico, Film

13 risposte a “Elephant

  1. Mi pare proprio che la questione dei videogiochi sia stata riportata dai fatti reali: sembra che i ragazzini che compirono la strage poco prima di imbracciare armi e bagagli stessero giocando a qualche giochino di guerra o simili.
    Visto il film anni fa, mi ha turbata forse più della vicenda realmente accaduta, l’interpretazione che ne ha dato Van Sant è estremamente significativa.

  2. Sui videogiochi hai pienamente ragione. Se fosse quella la questione per le strade circolerebbero una quantità enorme di assassini. Il fatto che non sia così dimostra che le cause da cercare sono sicuramente altre. Anche perché se stiamo proprio a vedere, statisticamente, il pretesto dietro cui sono stati giustificati il maggior numero di massacri piuttosto che singoli omicidi (di serial killer vari piuttosto che folli) sono la Bibbia e Dio.
    Per quanto io possa essere anticlericale, credo che sia evidente che la causa non sia in queste cose di per sé (all’incirca) quanto nell’interpretazione e nell’uso, spesso strumentale e manipolato, che ne viene fatto.
    Credo che sia esemplare in Bowling for Columbine (che io ricordi) la carrellata di interviste che venivano presentate in cui si chiedeva a varie persone quali fossero le cause della strage. Gente che parlava di videogiochi, musica metal, i film, il Diavolo!!! E poi senti Marilyn Manson dire alla fine che erano due persone con evidenti disagi che erano state lasciate sole, senza aiuto e senza sostegno, magari con un vuoto famigliare dietro.

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